Come il
tabacco peggiora i danni clinici da cannabis
ROBERTO COLONNA
NOTE E
NOTIZIE - Anno XXII – 25 ottobre 2025.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
L’associazione di fumo di
tabacco e consumo di cannabis è più frequente di quanto si pensi in tutto il
mondo e, gli acclarati danni clinici causati dall’assunzione delle varie forme
legali e illegali dei derivati della Cannabis sativa, sembra che siano
più gravi nei fumatori. In particolare, è stato rilevato un selettivo
peggioramento di alcuni esiti clinici e, su questa base, si indagano i
meccanismi molecolari responsabili di questo effetto.
Dagli studi finora condotti
è emerso un dato molto interessante: l’associazione, più dell’uso esclusivo di
hashish[1],
marijuana[2] e
altre preparazioni, determina l’abbassamento di uno dei due principali
endocannabinoidi, ossia uno dei due composti naturali sui cui recettori
agiscono le molecole psicoattive della cannabis: l’arachidonil-etilamide
o anandamide[3].
I livelli più bassi di anandamide risultano correlati con gli esiti clinici
peggiori del danno causato da queste sostanze psicotrope d’abuso.
L’amide idrolasi degli acidi
grassi (FAAH, fatty acid amide hydrolase), che degrada l’anandamide, è considerata un
indicatore dello stato molecolare legato al danno clinico da uso cronico di
cannabis, pertanto è stata studiata da Pablo Rusjan,
Rachel A. Rabin e colleghi per indagare gli effetti della combinazione con il
fumo di tabacco. Lo studio ha ottenuto un risultato interessante.
(Rabin R. A. et al., A preliminary
investigation of tobacco
co-use on endocannabinoid activity in people with
cannabis use. Drug and Alcohol Dependence
Reports – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.dadr.2025.100369, 2025).
La
provenienza degli autori è
la seguente: Integrated Program in Neuroscience,
McGill University, Montreal (Canada); Department of Psychiatry, McGill
University, Montreal (Canada); Douglas Mental Health University Institute,
Montreal (Canada).
È ben nota l’azione
dell’anandamide dovuta al legame con i recettori CB1 (recettore TM di 473 aa.)
presenti nell’ippocampo, nei nuclei della base, nel cervelletto e nel grigio
periacqueduttale. Il primo meccanismo studiato consiste nel rilascio da parte
del neurone post-sinaptico, seguito dal legame ai recettori del neurone
presinaptico con abbassamento dell’AMP-ciclico ed effetto inibitorio. Si parla
perciò di regolazione inibitoria retrograda sul neurone presinaptico da parte
del post-sinaptico, anche se spesso non si tratta di una vera inibizione ma di
una moderazione, ossia di un effetto di riduzione del rilascio di
neurotrasmettitore. Questo meccanismo di modulazione è stato per la prima volta
dimostrato nelle sinapsi inibitorie GABAergiche del cervelletto e
dell’ippocampo, e si verifica quando la cellula post-sinaptica è depolarizzata;
naturalmente in questi casi classici si verifica un’inibizione o moderazione
del tono inibitorio assicurato dai neuroni presinaptici.
Il neurotrasmettitore
moderato dagli endocannabinoidi anandamide e 2-AG varia nelle diverse aree
dell’encefalo; nel ratto è bene definita l’influenza: nella corteccia
prefrontale agisce sul glutammato, nell’ippocampo su acetilcolina e GABA, nello
striato sulla dopamina e nel grigio periacqueduttale sia sul glutammato che sul
GABA. All’iniziale definizione generica di influenze sulla memoria
(ippocampo), sul movimento (gangli basali e cervelletto) e nel
determinare analgesia (grigio periacqueduttale), è seguito lo sviluppo,
ancora in corso, di una complessa e analitica mappa di effetti su circuiti e
reti cerebrali.
Dunque, stante la delicata e
pervasiva azione di regolazione sinaptica svolta da anandamide e 2-AG, si
comprende quanto sia facile che l’azione di disturbo della miriade di piccoli
equilibri sinaptici causata dall’assunzione di cannabis possa causare danni.
Alcune delle alterazioni, nell’uso abituale, portano a sintomi clinicamente
rilevanti, talvolta coincidenti con i quadri nosograficamente descritti nel
“disturbo da uso di cannabis”; tali manifestazioni sono aggravate nei fumatori
abituali di tabacco. Come si è accennato più sopra, gli esiti meno favorevoli
dei disturbi causati dall’uso di sostanze esogene che interagiscono con i
recettori degli endocannabinoidi, sono associati a livelli molto bassi di
anandamide e, dunque, Rabin e colleghi hanno esplorato la possibilità che il
fumo di tabacco possa contribuire ad innalzare i livelli di FAAH, l’enzima che
degrada l’anandamide, determinando l’ulteriore abbassamento dei livelli dell’endocannabinoide
nelle persone che fanno uso congiunto di tabacco e cannabis.
I ricercatori hanno
verificato se l’uso associato determini l’innalzamento di FAAH ad un livello
superiore a quello determinato dall’assunzione esclusiva di cannabis. A questo
fine hanno ripartito i 13 volontari, consumatori abituali di cannabis reclutati
come campione sperimentale, in due sottogruppi: uno costituito da 5 fumatori di
tabacco, e l’altro composto da 8 volontari che non fumavano abitualmente.
La valutazione delle
differenze nei livelli di FAAH tra i due gruppi è stata quantificata usando la
tomografia ad emissione di positroni (PET) con [11C]CURB, con
correzione per il sesso e il genotipo della FAAH nelle seguenti regioni: 1)
corteccia prefrontale; 2) ippocampo; 3) talamo; 4) striato sensomotorio; 5) substantia
nigra; 6) cervelletto.
I test post hoc con
la correzione di Bonferroni indicavano livelli molto più alti dell’enzima FAAH
degradante l’anandamide nei 5 fumatori che assumevano anche cannabis.
Se consideriamo tutti i dati
emersi, per il cui dettaglio si rimanda al testo del lavoro originale, come uno
studio preliminare, in quanto svolto su un piccolo gruppo, ma allo stesso tempo
significativo, perché la tesi ha trovato conferma nel cervello di tutti i
volontari, possiamo concludere che verosimilmente il meccanismo responsabile
degli effetti clinici più gravi nell’uso abituale congiunto di tabacco e
cannabis consiste nell’innalzamento critico dell’attività di degradazione
dell’anandamide.
L’autore della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle
recensioni di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto Colonna
BM&L-25 ottobre 2025
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of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Estratto dalla cima delle
infiorescenze della pianta femmina della Cannabis sativa con alte
concentrazioni di Δ9-tetraidrocannabinolo (THC).
[2] Estratto dalle foglie e da altre
parti di Cannabis sativa con concentrazioni di THC meno alte. Entrambe
le preparazioni contengono un gran numero di composti psicoattivi, incluse
molecole poco studiate e composti mai sottoposti a vaglio scientifico.
[3] L’altro essendo il
2-arachidonil-glicerolo o 2-AG.